Laigueglia non aveva mai visto tanti ciclisti. Alla partenza delle 12, si presentarono in 187, di gran lunga record della corsa. Vento fastidioso e cielo che non prometteva nulla di buono. Per oltre due ore la gara si consumò senza note, aldilà di qualche fiocco di neve, più intenso a tratti. Poi, a riscaldare ci pensarono gli allunghi di Rossi (Bianchi) e Dusi (Intercontinentale Assicurazioni), nonché le tirate di Pollentier (Flandria), ma niente di particolare. Fino all’ultima scalata al Testico, dove ad attaccare, ci pensò colui che non si poteva aspettare, il norvegese Knut Knudsen (Bianchi). Conquistò duecento metri e continuò ad insistere: trenta secondi, un minuto, poi qualcosa di più. A quel punto, il norvegese trasformò il piatto finale del Trofeo Laigueglia, in una corsa a cronometro, la sua grande specialità. Davanti il nordico ormai italiano, dietro il Campione del Mondo Francesco Moser (Sanson) che voleva vincere una corsa che non aveva ancora vinto. Ad un certo punto, si pensò che il cacciatore riprendesse la lepre, ma quest’ultima aveva ancora delle forze e reagì. Sull’italiano rientrò il drappello sfilacciato, mentre su Knudsen arrivò la gioia del successo in grande solitudine. A 12”, Porrini, Argento l’anno prima nella “Cento chilometri a squadre” superò Moser, Saronni e tutti i migliori.
Sul vincitore. Un corridore alto, possente, completo, con formidabili doti sul passo, ed una naturale predisposizione verso le corse a cronometro, nonché le corse a tappe, più brevi che lunghe. Knut era nato a due passi
dai fiordi, a Levanger in Norvegia, il 12 ottobre 1950. Un “vichingo” gentile fin dall’infanzia che, per correre in bicicletta, fu costretto a non pochi sacrifici logistici. Arrivato fra i dilettanti, cominciò a dettare legge non solo fra i connazionali (vinse ripetutamente i titoli nazionali su strada, su pista e a cronometro), ma al cospetto dei più forti d’Europa. Nel ’72, su strada, vinse il Giro di Norvegia e i campionati di Scandinavia. Su pista, vinse la Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Monaco nell’inseguimento, dominando, come fosse di un’altra categoria. L’anno successivo, nella medesima specialità, si laureò campione mondiale, ancora una volta irridendo gli avversari. Passò professionista nel 1974, in Italia, nelle file della Jollyceramica di Giovanni Battaglin. Lo si attese da subito agli acuti su pista che, però, non arrivarono. Fu finalista ai mondiali dell’inseguimento nel ’75, quando fu battuto da Schuiten e nel ’77, quando fu superato da Gregor Braun. Finì terzo nel ’76, dietro a Francesco Moser e, ancora, Roy Schuiten. Ma se sui velodromi non andò come era prevedibile, si rifece su strada, grazie a belle ed importanti vittorie e un’infinità di piazzamenti di pregio, partendo, sempre o quasi, dal ruolo di gregario, certo di lusso, ma pur sempre luogotenente. Nel ’75 vinse a Fiorano la prima tappa del Giro e vestì per due giorni la maglia rosa. L’anno successivo vinse la Cronostaffetta. Tornò a ruggire al Giro nel ’77, trionfando nella tappa a cronometro di Pisa, dove inflisse significativi distacchi a Moser ed a Michel Pollentier. Nel ’78 vinse il Giro di Sardegna (era già giunto 3° nel ’75), il Trofeo Laigueglia, il Giro della Provincia di Reggio Calabria, il Trofeo Baracchi in coppia con Schuiten. Grandissima e sfortunata la sua stagione ’79. Vinse dapprima la Tirreno-Adriatico (era già giunto 2° nel ’74, ’75 e ’78!), quindi il Giro del Trentino, dimostrando un tangibile miglioramento nelle lunghe salite. Al Giro d’Italia, dopo aver vinto con un portentoso assolo la tappa di Portovenere, mentre lottava per la vittoria finale con Saronni (erano divisi da pochi secondi e c’era ancora da correre la crono finale di Milano), fu costretto al ritiro per una rovinosa caduta a soli tre giorni dall’epilogo.
Nel 1980, trionfò di nuovo nella Cronostaffetta e vinse, a Bruxelles, il Gran Premio Merckx. Nel 1981, tornò prepotentemente protagonista al Giro d’Italia vincendo il prologo di Trieste (sui “nemici” della pista Moser e Braun) e le altre cronometro di Montecatini e Verona. Trionfò nella Ruota d’Oro e, di nuovo, nel G.P. Merckx. Dopo una stagione così densa di soddisfazioni e di rilevanza, a fine anno decise di appendere la bicicletta al chiodo. In tanti cercarono di convincerlo a continuare, ma lui non ne volle sapere. In fondo, l’insistenza era legittima: al mondo nessuno lo valeva nel ruolo di luogotenente o di vero e proprio gregario, non solo per qualità, ma pure per la grande onestà che l’ha sempre contraddistinto. Così, a trentun anni quando ancora poteva recitare pagine importanti, Knut, l’uomo dei fiordi e della simpatia che non puoi dimenticare, mise la parola fine alla sua onorevole carriera.
Ordine d’arrivo:1° KNUT KNUDSEN (Nor-Bianchi Faema) km 163 in 4h05’45” alla media di 39,796 kmh; 2° Dino Porrini (Mecap Selle Italia) a 11″; 3° Francesco Moser (Sanson); 4° Giuseppe Saronni (Scic); 5° Willem Peeters (Bel- Ijsboerke Gios); 6° Freddy Maertens (Bel-Flandria Velda); 7° Rudy Pevenage (Bel-Ijsboerke Gios); 8° Eric Van de Wiele (Bel-Ijsboerke Gios); 9° Claudio Corti (Zonca Santini); 10° Johan De Muynck (Bel-Bianchi Faema); 11° Leonardo Mazzantini (Zonca Santini); 12° Giuseppe Passuello (Zonca Santini); 13° Giuseppe Martinelli (Magniflex Torpado); 14° Giuseppe Fatato (Magniflex Torpado); 15° Pierino Gavazzi (Zonca Santini); 16° Alfredo Chinetti (Selle Royal Inoxpran); 17° Franco Conti (Zonca Santini); 18° Willy De Geest (Bel-Sanson); 19° Michel Pollentier (Bel-Flandria Velda); 20° Vittorio Algeri (Intercontinentale Assicurazioni), segue il resto del gruppo. Partiti187, arrivati 95