http://www.youtube.com/watch?v=JMUwMI1ejFI
Siamo sul posto: l’ecoscandaglio batte la profondità di 90 metri. Il posto è giusto; stiamo seguendo una mira che ci dà l’allineamento terra-fuori. All’improvviso sullo schermo dell’eco appare uno sciame di pesci. Siamo ormai vicinissimi; ora ci siamo sopra. L’eco sembra impazzito e batte un fondale dai 73 ai 94 metri.
Velocemente ci apprestiamo a calare il pedagno che, zavorrato da una grossa pietra, si srotola in fretta. Appena fermo, tagliamo la lenzetta del pedagno e al suo posto leghiamo, tesando bene la lenza, alcune bottiglie di plastica. La lenza di nylon bianca sarà il nostro punto di riferimento durante la discesa nel blu, la guida che ci condurrà sul relitto tanto sognato.
A bordo si fanno gli ultimi preparativi della vestizione; si controllano accuratamente le attrezzature e, quasi in modo virtuale, per eliminare un pò la tensione, percorriamo mentalmente ciò che si troverà sul fondo e che faremo.
Siamo ormai sul bordo della barca, pronti per l’immersione. Mio cognato Giorgio è attento alla posizione delle bottiglie di plastica e appena sono ad un metro dalla barca ci dà il “via!” per il tuffo verso il fondo… Via! Si parte.
Siamo sotto. Il gruppo del nostro apparecchio per la respirazione pesa circa 50Kg e velocemente ci trascina verso il fondo come in una inesorabile caduta nel vuoto. A 50 metri di profondità il taglio dell’acqua è netto e preciso: da una corrente semicalda si passa ad una fredda, ma oggi fortunatamente anche più limpida di quella in superficie. A 60 metri avvistiamo un’enorme sagoma biancastra, contornata da un blu intenso. E’ la nave, è il nostro sogno che si avvera. Ci stacchiamo dalla lenza del pedagno che ci aveva guidato sino allora e, come in una discesa con paracadute ci lasciamo planare sulla meravigliosa struttura del Ravenna. Finalmente mi sento sulla nave, mi sono posizionato sul bordo e per alcuni secondi contemplo lo spettacolo meraviglioso, ma ritornando alla realtà noto che gli occhi di Luca sono estasiati: era la prima volta che lui scendeva sul relitto. Ci apprestiamo a percorrere il bordo del Ravenna in direzione Nord-Est. Tutta la nave, che mantiene l’assetto di navigazione leggermente coricata a levante, è tempestata da concrezioni e da ostriche. Il ponte non esiste più, probabilmente perchè di legno che col passare degli anni (ben… 83!) si è sgretolato. All’interno delle stive si nota ancora un groviglio confuso di tubi e di traversine di metallo ed ogni tanto si vedono dei bocchettoni che servivano come prese d’aria.
Sul bordo stesso della nave una miriade di lenze e molti spezzoni di reti sembrano bandiere consunte e sfilacciate o quasi muti fantasmi. Si notano persino le gruette che probabilmente dovevano servire per il posizionamento delle scialuppe di salvataggio.
Chiamo Luca per andare a cercare un punto dove, in un’immersione che avevo effettuato circa 10 anni prima, trovai dei piatti di bordo e, tutto a un tratto, non tradito dalla mia memoria fotografica, scordo all’interno della nave la stessa mensola in ferro ove restavano delle stoviglie. Velocemente Luca ed io ne raccogliamo alcune, tra piatti e piattini (un ricordo anche per qualche amico e… una prova della nostra immersione) e dopo averli sistemati nel retino ci affrettiamo a percorrere ancora uno spezzone di nave. Sono trascorsi già dieci minuti e per noi la massima permanenza in sicurezza sul fondale a 90 metri è di quindici minuti.
Tutta la nave è un groviglio di pesci incuriositi dalla nostra presenza: castagnole rosse e nere, mustelle, gronghi, murene e tutti fanno capolino dalle loro tane ricavate dagli anfratti creati dalle lamiere del Ravenna. Anche un gruppo di piccole aragoste, come dei ragni giganti, se ne sta aggrappato ad alcune traversine di sostegno al ponte. Dal blu scuro del mare che ci circonda, ogni tanto, come nella danza di una grossa fiamma viva, si scorge un enorme branco di piccoli dentici. Bello davvero!
Siamo arrivati ormai alla fine dell’immersione, ma ne occorrerebbe una decina per visionare sufficientemente la struttura del Ravenna. Nel punto dove ci trovavamo, si cominciava ad intravvedere la sagoma della prua. Ora, dopo un’immersione perfetta, ci attende la lunga decompressione di circa un’ora prima di poter risalire in superficie.
(Il racconto di Franco Berardi, Luca Scosceria e Giorgio Gobbo è tratto dal libro:”Laigueglia e il siluramento del Ravenna, 4 Aprile 1917″ di Tommaso Schivo. Il video è di Sport 7 Diving Club di Andora)
Il bastimento Ravenna era salpato da Buenos Aires il 4 Marzo 1917. Esattamente un mese dopo viene colpito dal siluro di un sommergibile tedesco a circa 2,5 miglia al largo di Capo Mele, alle 9:30 del mattino. I 189 passeggeri e le 83 persone di equipaggio vengono tutte tratte in salvo in più viaggi dai pescatori laiguegliesi