Ho assistito forse una ventina di volte allo sbarco, ma ogni volta riesce a riaccendere in me la stessa emozione. Prima che inizi tutto, con una musica tetra di sottofondo e quel mare che non è mai così nero come questa notte dell’anno, stiamo tutti assiepati sulle spiagge, sulle piazzette, alle finestre, su ogni rialzo dal quale sia possibile vedere lo specchio d’acqua a levante del molo e lo scrutiamo alla ricerca di un movimento o un segno di quelle barche che sappiamo essere lì da qualche parte, anche loro in attesa di un segno che scateni la battaglia. E’ sempre in questo momento che cerco di immaginare quella notte del 25 Luglio del 1546, e quelle famiglie che da questa stessa spiaggia guardavano questo stesso mare. Un mare che come una madre dava loro da mangiare e li curava quando erano malati, che era una enorme porta aperta verso il resto del mondo e che dava lavoro ai loro uomini. Un mare che era diventato improvvisamente nero da quando era passata quella voce nel budello strillando:”Correte, correte! Mi hanno detto che tre corde in fuori ci sono i Saraceni! Correte!”. Eccoli tutti qui, a cercare un movimento o un segno di quelle barche che sanno essere lì da qualche parte nella notte. Se ne avvicina una sola lenta, impavida, con un uomo in piedi sulla prua, le braccia incrociate sul petto, la pelle scura. Viene per proporre una resa incondizionata, che ovviamente sarà rifiutata. Conoscono tutti quell’uomo: gliene parlavano i nonni quando non volevano dormire o disubbidivano, e gli dicevano che sarebbe venuto a prenderli. E’ Dragut, e questa volta è venuto a prenderli davvero.
Lo sbarco dei Saraceni è una tradizione irrinunciabile per i laiguegliesi da ormai più di trent’anni. Ma tra le tante ovvie ragioni una forse non è così evidente. Allo sbarco possono partecipare tutti: uomini e donne, residenti e turisti. E’ più probabile che i locali possano disporre di una barca e quindi vestire i panni dei saraceni, mentre i forestieri, per lo più, saranno difensori. Il tutto diventa così un gioco dello scambio dei ruoli dove i Laiguegliesi, in una notte d’estate, con i loro gozzi, con una frenetica battaglia di palline di spugna, cercano di riconquistare ai turisti un pezzettino di spiaggia, fallendo immancabilmente. La battaglia termina con stupendi fuochi artificiali, ma la festa continua fino a notte fonda con musica nelle piazze e locali aperti fino a tardi.