Col maltempo che infuriava anche nella mattinata del “Laigueglia”, dopo una settimana di pioggia sulla Liguria, partirono in 127. Pino Villa fu costretto a tardare di un’ora lo start e ad annullare la scalata all’Aquila d’Arroscia (c’era il pericolo di smottamenti e la sede stradale era ridotta ad un torrente di fango e detriti). Il tracciato fu così ridotto di 40 chilometri: 135 anziché 175. Gruppo compatto fino al ritorno su Alasslo. All’annunciarsi delle rampe del Testico, partì all’attacco Van Schil (Molteni) ed il gruppo si spaccò. Un plotone forte di trenta unita alzò subito bandiera bianca e tornò in albergo. Poi entrò in scena Eddy Merckx a cui risposero Luis Ocana (Bic), De Vlaeminck (Dreher), Bergamo (Filotex) e Labourdette (Bic). Nella ripida e pericolosa discesa, il grosso del gruppo si ricompone. Nel press! di Andora, presero il largo, Pintens (Magniflex), Pecchielan (Dreher) e Lievens (Molteni), che racimolarono un vantaggio massimo di 20″. I tre vennero però riassorbiti ad Alassio. Il ritorno sul tempio del Testico, mise le ali a Joseph Spruyt (Molteni) che ben protetto da Merckx, passò in cima con 30” di vantaggio, ma a Stellanello, iniziò a sentire il fiato degli inseguitori. Ricongiungimento generale a Capo Mele, dove De Vlaeminck tentò il colpo di mano, ma Merck e il ligure Perletto portarono prontamente sotto un gruppetto composto con Roger da undici elementi. Il botta e risposta fra De Vlaeminck e Merckx continuò anche nello sprint finale, ma i due non fecero i conti con Wilmo Francioni che
andò a vincere a braccia alzate, portando nuovamente la Ferretti di Martini al Trionfo nel Laigueglia.
Sul vincitore. Nato a Empoli (FI) l’8 novembre 1948. Passista veloce. Alto 1,75 m. per 60 kg. Professionista dal 1970 al 1978 con 13 vittorie. Un corridore che non era alto eppure, così filiforme e con un collo lunghissimo, che ti spingeva a chiamarlo appunto “Collo lungo”, appariva almeno per chi lo poteva vedere solo o quasi in Tv, come uno dei più longilinei. La realtà era diversa, ma non quella tangibilità che pone Wilmo fra i
corridori più interessanti degli anni settanta, in piena era Merckx. Non un fenomeno, ma un campioncino, allora considerato un buon corridore, oggi con la penuria ciclistica, checché ne dica qualcuno, sicuramente un campione. Forte sul passo, più che buono nelle volate ristrette, discreto in salita. Il resto lo faceva il confronto con avversari che oggi starebbero tutti sulle bocche dello stupore, semplicemente per grandezze. Insomma, di Francioni, chi scrive, ha un gran bel ricordo, nella più piena convinzione che l’empolese lo meriti per ciò che ha fatto e che non ha potuto fare perché vissuto su un’epoca dove i forti erano innumerevoli. Wilmo fu portato al professionismo da Alfredo Martini, quando il guru del ciclismo italiano costruì i contenuti e la gestione della Ferretti, una squadra anch’essa tra le più belle del periodo. Era stato un buon dilettante l’allora ventiduenne Francioni, soprattutto uno che non aveva speso tutto nella categoria che non fa ciclismo, ma solo anticamera. Un primo anno di rodaggio, con un 3° posto nella Roma-Tarquinia ed una conclusione del Giro al 74° posto e, poi un ’71 sugli scudi, per il ciclismo di quei tempi. Vinse una gran gara quale era allora il Trofeo Matteotti, fece sia il Giro che il Tour, corsi e finiti entrambi al 64° posto con un paio di podi di tappa e tanto lavoro per i compagni, nonché significativi terze piazze alla “Bernocchi” e nell’oggi defunto GP di Montelupo. Fu poi selezionato in azzurro per i Mondiali di Mendrisio, che chiuse al 31° posto. Davvero non male per un ragazzo che consumò tutta quella stagione a 22 anni. Nel ’72 migliorò tantissimo, diventando un evidente anche a chi sbirciava ogni tanto le pagine ciclistiche. Vinse il Trofeo Laigueglia, due tappe del Giro d’Italia nel ’72, a Foggia e Savona (terminò la “Corsa Rosa” 66°) ed i Circuito doi Cecina e di Fucecchio. Tantissimi i podi: 2° al “Camaiore” e al “Montelupo”; 3° nella “Bernocchi”, al “Romagna”, al “Cougnet”. Fu poi 5° nella “Sabatini”, 7° nei “Tricolori” e 8° nella “Placci”. Si ritirò dopo aver fatto il suo lavoro ai Mondiali di Gap, quelli di Bitossi e Basso. Nel ’73, passò alla GBC e fu protagonista, o meglio, vincitore morale, della “Sanremo”. Qui andò in fuga nel finale con Roger De Vlaeminck, conducendo l’iniziativa praticamente da solo, e fu poi beffato nella volata a due. Il risultato così avverso, generò un impatto molto forte sulla mente di Wilmo che, un po’ per vari acciacchi,
nell’anno, colse solo un altro piazzamento a Montelupo, 3° e non concluse nemmeno il Giro d’Italia. Nel ’74 passò alla Sammontana, ritrovando Alfredo Martini, ma Wilmo stentò a riprendersi. Ciononostante vinse la Coppa Sabatini ed i Circuiti di Altopascio e di Valvasone, finì 2° nella Sassari Cagliari e 8° ai Tricolori. Chiuse 66° il Giro d’Italia. Nel ’75, stagione corsa in seno alla Magniflex, confermò lo smarrimento: nessuna vittoria, fu 3° al “Montelupo”, 6° agli Italiani, 47° alla Vuelta di Spagna e 63° al Giro. Idem nel ’76, dove fu 2° nella tappa di Porretta Terme al Giro (chiuso 43°) e 3° nella Coppa Sabatini, poi solo grigiore. Nel ’77, senza acciacchi e, forse come reazione, alle voci di un suo prossimo ritiro, Wilmo tornò quello che si conosceva. In primavera corse la sua seconda Vuelta di Spagna che chiuse 36°, esplose poi al Giro d’Italia, dove vinse le tappe di San Giacomo Roburente e di Varese, fu 2° in quella di Isernia e 3° a Santa Margherita Ligure, chiudendo la Corsa Rosa a Milano, con un significativo 10° posto finale. In estate rivinse il Trofeo Matteotti e fece suo il Circuito do Briscolla. Fu azzurro ai Mondiali di San Cristobal dove finito il suo lavoro, si ritirò. Con animo sereno e sempre in maglia Magniflex, si preparò alla stagione ’78, ma non si presentò al via. Un’epatite virale lo aveva debilitato al punto di spingerlo a porre fine alla carriera a soli 29 anni. Entrò poi a lavorare in una fabbrica di pellami ebbe due figli ed oggi, per sua scelta, è un operatore di ciclismo solo a livello giovanile. Un uomo vero, Wilmo. Davvero una bella figura.
1° WILMO FRANCIONI (Ferretti) Km 135 in 3h20’03” alla media di 40,496 kmh; 2° Harry Jansen (Ned-Rokado)*; 3° Eddy Merckx (Bel-Molteni); 4° Roger De Vlaeminck (Bel-Dreher); 5° Marcello Bergamo (Filotex); 6° Leif Mortensen (Den-Bic); 7° Julien Van Lint (Bel-Dreher); 8° Georges Pintens (Bel-Van Cauter-Magniflex-De Gribaldy); 9° Gilbert Bellone (Fra-Rokado); 10° Giuseppe Perletto (Zonca); 11° Sid Barras (Gbr-Bantel) a 10″; 12° Michele Dancelli (Scic); 13° Davide Boifava (Scic); 14° Jean-Pierre Berckmans (Bel-Rokado); 15° Marino Basso (Salvarani); 16° Arnaldo Caverzasi (Folotex); 17° Franco Mori (Scic); 18° Karl-Heinz Müddemann (Ger-
Rokado); 19° Piero Spinelli (Filotex); 20° Antoon Houbrechts (Salvarani), seguono altri in gruppo. Partiti 127, arrivati 45. *Harry Jansen (Ned-Rokado) tolto dall’ordine d’arrivo per positività all’antidoping. Note: Il 5 Marzo 1972 fu disputato un Trofeo Laigueglia anche per dilettanti, vinto da Aldo Parecchini, poi Tricolore nella categoria prima di passare prof, con la Molteni di Eddy Merckx.