Sono seduto sull’estremità di una panchina di pietra, la sento fredda ed umida, in totale contrasto con l’aria che proviene dal mare.
Il suo bianco opaco, intrappolato in una rete di venature nere, crepe che il tempo ha meticolosamente nutrito con salsedine e polvere, riesce a distogliere la mia attenzione solo per un istante.
Il mare che ho qui di fronte, inquadrato dai lampioni come in una cornice, sorregge con le sue onde qualche ciuffo di schiuma bianca, che ritmicamente accompagna fino alla riva, la loro ultima destinazione.
Lo ricordo così da vent’anni. Posso sentire distintamente il suo profumo, un misto di brezza e iodio capace come nient’altro di cullare tutti miei sensi.
Sulla battigia cammina lentamente un vecchio, è distratto, si lascia alle spalle un sentiero tortuoso di orme e di sofferenza. Immagino la sua storia, lo vedo col fucile serrato fra le dita, lo vedo lavorare, lo vedo vuotarsi di tutti i suoi affanni e ritornare lentamente alla vita.
Interrompe il suo ciondolare, alza lo sguardo e lo fissa poco lontano. Un gozzo sta rientrando dalla notte di pesca, il suo comandante cessa di remare per spegnere il lanternino incastonato a prua, ormai inutilmente lampeggiante. Si salutano, si conoscono, hanno molte cose da spartire, prima fra tutte l’aria che ancora respirano in questo piccolo ritaglio di mondo.
Continuo ad assaporare l’atmosfera. Chiudo e riapro gli occhi, provo un senso di gratitudine e di rispetto verso tutto questo.
Un nastro di luce ondulante lambisce le tiepide onde, dall’orizzonte sta germogliando un pallino di sole. In pochi minuti i rumori cambiano, la luce mi avvolge, i profumi si rafforzano. Sento la pelle del viso accendersi, gli occhi socchiudersi.
Pochi gabbiani restano a riposarsi in acqua, in attesa del ritorno degli altri pescatori. La maggior parte si libra in volo dando inizio ad una nuova quotidiana avventura.
Osservo un’ultima volta questa scena.
Chiudo gli occhi, ancora. Prendo in mano la foto e la rimetto nell’album, con quella copertina di pelle ocra e quell’etichetta con la scritta “Estate 2001”.
Esco dalla mia stanza, consapevole che tutto questo vivrà dentro di me per sempre.
Ciao Laigueglia. Ci vediamo presto.