Per tutta la popolazione laiguegliese la linea dell’orizzonte ha sempre avuto la forma di una gigantesca, enorme tartaruga. Non c’è da sbagliarsi, è palese, proprio non capisce come abbiano potuto chiamarla Isola Gallinara.
Con qualsiasi mezzo si arrivi: in treno, in auto o in bicicletta; da qualsiasi parte si guardi: da Alassio o da Andora la forma è sempre la stessa. Eppure anche l’isola, come la luna, ha un suo lato sconosciuto ai più, perché pochi ormai arrivano dal mare, mentre una volta, prima della ferrovia, era la principale via d’accesso. Si può solo immaginare che impressione potesse fare il piccolo paese guardato dai mercanti che portavano le loro merci da tutto il mondo, dai pirati saraceni che volevano portarle via, dagli inglesi che venivano a cannoneggiarla perché genovese, e dagli stessi inglesi, che secoli dopo venivano ad acclimatarsi prima di rientrare in patria dalle lunghe permanenze in India. Il pensiero va alle tavole dipinte per ordine del Re Sole raffiguranti tutti i paesi della riviera visti dalle imbarcazioni al largo. Un’immagine che per tanti secoli è rimasta impressa in fondo agli occhi dei pescatori che partivano per lunghi giorni in mezzo al mare; chissà quale impressione doveva fare rivederla al ritorno. Quelle case colorate, attaccate come patelle allo scoglio, quelle creuze che scendevano dagli orti fino alle ville sul mare, e quei due inconfondibili campanili, che controllano severi dall’alto la vita del borgo.
Chissà in quanti sono passati guardandola senza fermarsi. magari paragonandola a quei borghi ricostruiti nei centri commerciali all’aperto, così belli da sembrare veri, mentre Laigueglia è così bella da sembrare finta, così strana da sembrare inventata. Un paese che il 28 Ottobre 1939 pone lapide in memoria del Reale Carabiniere Leandro Veri caduto nell’adempimento del suo dovere il 13 Dicembre dello stesso anno (non posso non sorridere pensando al Veri che tutte le mattine per più di un mese passa sconsolato davanti alla lapide con la sua data di morte). Un paese che per l’atto di eroismo in battaglia decide di tramandare ad imperitura memoria il nome del marinaio, di cui però evidentemente nessuno conosce altro che il soprannome, tanto che ancora oggi abbiamo il Vico Scimia. Un paese di contraddizioni esasperate tra religiosità dei marinai che in uno sforzo di donazioni riescono ad ottenere il loro campanile più alto e ateismo di patroni come Pagliano, il più ricco di degli armatori, che riesce ad ottenere di avere una tomba con una grande colonna spezzata e l’incisione “nessun rimpianto”. Dove da una parte, con grande sforzo delle confraternite che portano i croceffissi in processione, si fa abbassare il capo a Cristo per passare sotto gli splendidi archi del “budello” (il centro storico); mentre dall’altra è possibile vedere le persone camminare sull’acqua, ma questo solo grazie al Tontonara: uno scoglio a pelo d’acqua in mezzo al mare, nessuna magia… o forse, in tutto questo, a saper guardare bene, un po’ di magia c’è.