La nave di epoca romana rinvenuta ad Albenga, era un’imbarcazione impiegata per il trasporto di merci, lunga 40 m e larga 12 m; essa trasportava intorno alle 11.000/13.000 anfore vinarie e vari tipi di ceramica, tra i quali ve ne erano alcuni che erano stati realizzati in Campania per essere poi esportati in Francia meridionale e in Spagna.
Nel 1950 il professore Giovanni Lamboglia tentò il primo recupero dei reperti con l’aiuto della nave Artiglio, mentre nel 1961 furono realizzati i primi rilievi del relitto. Nel 1925 il pescatore Antonio Bignone conosciuto anche come “Prain” (nome derivato dal luogo di origine della famiglia) recuperò dal mare tre anfore di epoca romana, la cui posizione era di circa 1 miglio dalla costa e a 40 m di profondità.
Nel 1948 l’avvocato Giovanni Quaglia (presidente e amministratore delegato della SO.RI.MA.), con lo scopo di verificare la presenza della nave, propose una prima campagna di indagini ed il Ministero della Pubblica Istruzione approvò tale richiesta. Fu stipulato un accordo fra il Comune di Albenga e la SO.RI.MA., secondo il quale quest’ultima doveva fornire una nave di appoggio per condurre le ricerche e che i reperti recuperati fossero custoditi nel Museo Civico di Albenga.
La campagna iniziò il mattino dell’8 febbraio del 1950 e fu il professor Giovanni Lamboglia a descriverla, vivendola in prima persona:
“Guidammo l’Artiglio, alle 8 del mattino dell’8 febbraio 1950, sulla località delle anfore, con la barca dello stesso pescatore Antonio Bignone e col geom. Fortunato Canepa, del comune di Albenga, pure appassionato pescatore. Fissati gli ormeggi, il palombaro Petrucci si calò per primo sul fondale, entro la torretta di osservazione che costituisce uno degli strumenti più preziosi dell’Artiglio; e, alla profondità di m. 40, telefonò subito che si vedevano anfore a centinaia, sparse in ogni direzione, su una linea di circa 30 metri di lunghezza e circa 10 metri di larghezza, formante una massa affusolata alta circa due metri sul fondale melmoso circostante”.